07 ottobre 2010

Libere di morire con la RU 486

Una breve corrispondenza pubblicata sul New England Journal of Medicine del 30 settembre, firmata da tre epidemiologi del Center for Disease Control and Prevention di Atlanta (l’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti), annuncia che altre due giovani donne vanno aggiunte alle vittime finora accertate dell’aborto chimico con la Ru486. A ucciderle è stata un’infezione da Clostridium sordellii, il micidiale batterio già responsabile di altri decessi legati all’aborto farmacologico. La prima vittima, ventinovenne, è morta nel 2008, a sei giorni dall’assunzione della miscela chimica che doveva farla abortire; la seconda, una ragazza di ventun anni, è morta nel 2009, a ben dodici giorni dall’assunzione del mifepristone per via orale e del misoprostol per via vaginale (è uno dei sistemi di somministrazione della Ru486). Per entrambe, il ricovero ospedaliero – intervenuto dopo cinque giorni di sintomi per la prima e dopo sei per la seconda – è arrivato troppo tardi e non è riuscito a evitare l’esito mortale per choc settico. Non è la prima volta che il New England Journal of Medicine, la più importante rivista di pratica medica del mondo, segnala i pericoli del sistema abortivo “mifepristone più misoprostol”. L’aborto a domicilio offerto in pillole, molto discreto e privatizzato, continua a uccidere poco discretamente le donne che vi fanno ricorso, senza che sia stato neanche chiarito il motivo del legame con la letale sindrome da Clostridium sordellii.
(tratto da "Il Foglio" del 2/10/2010)

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