27 agosto 2010

La chiesa del giornalista collettivo odia tutti (tranne se stessa e Obama)


Rimini. C’è una potente chiesa dogmatica, con comandamenti e profeti, che fa a pezzi gli avversari. E’ la stampa della sinistra liberal, la dittatura di chi “la mattina si guarda allo specchio e vede un eroe della libertà di informazione, un’autorità del libero pensiero”, e invece è “il membro di una casta”. Non lo dice un berlusconiano arrabbiato con Rep. ma William McGurn, vicepresidente del gruppo editoriale News Corp., speechwriter di Rupert Murdoch, giornalista del Wall Street Journal e già speechwriter di George W. Bush alla Casa Bianca, in un incontro sull’informazione al Meeting di Rimini.

Il problema, dice al Foglio, è “la stampa che si piega ai dogmi della sinistra secolarizzata, che nasconde le notizie, che spara sulla religione (e in particolare sul cristianesimo) come pratica antimoderna e osanna il diritto all’aborto come ortodossia, mentre in America cresce l’attaccamento alla fede e ai movimenti pro life”. Il risultato è che i media tradizionali perdono pubblico a favore dei nuovi media che superano la censura di sinistra, e che i giornalisti scrivono soltanto per gli altri giornalisti, nel circolo vizioso della “cultura dei premi” in cui “il numero dei trofei alle pareti corrisponde al crollo dei lettori”.
Mentre la stampa americana compila agiografie obamiane, ad esempio, i pro life sono arrabbiatissimi e si sfogano sui blog. Perché la colpa di Obama, spiega Mc- Gurn, è stata “polarizzare l’opinione pubblica, esattamente il contrario di quanto promesso”. E anche in bioetica Obama fa promesse che non mantiene: aveva giurato che nella riforma sanitaria non un dollaro statale sarebbe stato destinato all’aborto, invece nei singoli stati, di fatto, avviene il contrario. “Siamo solo all’inizio – dice – se non si esplicita il divieto in una legge, i finanziamenti arriveranno”.
Per la prima volta lunedì un magistrato ha smorzato la rivoluzione scientifica del nuovo presidente con una sentenza che blocca i finanziamenti federali per la ricerca sulle staminali embrionali: “E’ toccato al giudice fare chiarezza, visto che la stampa continua a raccontare che le embrionali funzionano. Con Bush tutto era chiaro fin dall’inizio: non creeremo vita per distruggerla, non si creano embrioni per la ricerca”. Altro nodo del politically correct obamiano è la moschea progettata a due passi da Ground Zero: “Credo che l’imam abbia il diritto di costruire lì la sua moschea, ma essere un buon cittadino non significa soltanto seguire i propri diritti, quanto capire la sensibilità altrui. Come Giovanni Paolo II che ad Auschwitz si spostò a pregare giusto qualche metro più in là. E’ la stessa cosa che da buon vicino chiederei all’imam”. Eppure ancora non si smorza la cotta della stampa per Obama, mentre all’epoca Bush era battaglia permanente. “Noi abbiamo fatto una guerra, e il consenso dei media è cresciuto soltanto quando abbiamo iniziato a vincerla. Sull’Afghanistan il problema di Obama è che ha creato una retorica pacifista per affascinare la sinistra, ma poi nei fatti non è diverso da Bush. Per quanto sappia che gli americani si stancano dei conflitti lunghi, di certo non vuole perdere la guerra. Non cercare di vincerla sarebbe immorale. Ma è molto pericoloso quando la retorica e le azioni di un presidente non convergono.

(tratto da "Il Foglio" del 26/08/2010)

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